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IL BASEBALL SUL GRANDE SCHERMO

IL BASEBALL SUL GRANDE SCHERMO

michele dodde

le precedenti puntate sono state pubblicate il primo, 9, 16, 23, 30  giugno – 7, 14, 21 e 28 luglio –  6, 13, 20 e 27 settembre; 04, 11, 18, 25 ottobre – Primo, 8, 15 e 22  novembre 2016

Riprendiamo da dove avevamo lasciato

Nel periodo a noi vicino, ovvero dal  2011 al 2015 i film in visione sono stati 20 ma ulteriori due sono in programmazione e saranno destinati alla bacheca degli onori. Oltre a quelli già citati ad inizio di questo trattato, si vuole qui ricordare il film-studio sulla “Knuckleball” (2012) ideato sui lanci di Tim Wakefield, R.A. Dickey, Phil Niekro e Charlie Houghr, tutto da vedere e meditare; il fantasioso “Keeper of the Pinstripes” (2012) scritto a sei mani da RobbyBenson, Tom Ellis e Shawn Powell e con una produzione più che travagliata per i finanziamenti non portati a buon fine e per il lungo tempo di realizzazione. I tre autori, soggiogati dalla poesia di Field of Dreams, hanno cercato di rinverdire la nostalgia dei tanti tifosi newyorkesi verso i grandi miti degli Yankees con aperta e malcelata maestria; il problematico “Home run” (2013) di David Boyd che bene evidenzia i farraginosi programmi di riabilitazione inerenti all’alcolismo e come può essere ritrovata la redenzione attraverso i doveri di insegnare il baseball; il negativo “The Battery”(2012) che vede alla regia un esordiente Jeremy Gardenerdestreggiarsi in una storia horror con due ex giocatori di baseball che sopravvivono ad un’apocalisse causata da zombie, ovvero quando si raschia malamente il barile ci si fa solo del male. Infine da incastonare come cimeli preziosi due produzioni di alta qualità per visione e portatori di fondamentali messaggi: “One hit from Home”(2012)e “Diamond in the Dunes” ( 2014). Il primo, incisivamente diretto da Johnny Meier e David Aaron Stone, scava nell’anima di un giocatore pro tagliato per via di un infortunio al ginocchio e che,  ritornato sui luoghi dove era vissuto, rivive ricordi ancor più tragici. Quando tutto sembra voltargli le spalle, il ritornare sul diamante per allenare la squadra di baseball di un college gli farà considerare quanto siano imprevedibili i casi della vita ricordandogliancora che si è sempre in grado di trovare la speranza in mezzo alla tempesta purchè si abbia fede e superare ogni previsione attraverso le parole di Dio. Un forte messaggio biblico da non trascurare. Il secondo è un documentario ad ampio respiro e di un’attualità sconcertante, ovvero la storia di ParhatAblat, un giovane musulmano di etnia uiguri, Cina occidentale, che guida la lotta contro la segregazione razziale proprio attraverso il baseball. Infatti, nonostante nell’Università di Xinjiang gli studenti di etnia Uiguri e quelli cinesi di etnia Han vivano in classi e dormitori separati, egli riesce ad assemblare la squadra universitaria amalgamando i giovani delle due diverse etnie superando ostracismi e pregiudizi. Ed anzi, termina il documentario, che proprio dopo la sconfitta subita dalla squadra tibetana nella provincia di Quinghai, rivolgendosi ai componenti della sua franchigia abbia sentenziato come sia importante “continuare sempre a lavorare sodo senza dimenticare mai gli obiettivi poiché, in ultima analisi, si riuscirà”. Nello sport come nella vita.

Michele Dodde

 

Segue il 6 dicembre 2016

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