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LE DONNE NELLA STORIA: Roswitha di Gandersheim

LE DONNE NELLA STORIA: Roswitha di Gandersheim

Roswitha di Gandersheim (o Hrotsvit o Hrotswith, a volte italianizzata come Rosvita; 935 circa – 974 circa) è stata una monaca cristiana e poetessa tedesca.

È considerata la prima poetessa tedesca della storia, per quanto abbia scritto soltanto in lingua latina.

Roswitha fu allieva dapprima di Rikkardis, poi di Gerberga, nipote di Ottone Ibadessa dell’abbazia di Gandersheim, in Sassonia, dove entrò molto giovane rimanendovi per tutta la vita.

Quanto al proprio nome, Roswitha stessa lo interpreta traducendolo nel latino clamor validus , «voce squillante» e il primo a notare questo richiamo etimologico è stato Jacob Grimm nel 1838, pensando ad una derivazione dall’antico tedesco hruod-svind. L’espressione clamor validus, secondo Peter Dronke, «non può quasi fare a meno di richiamare l’ego vox clamantis di Giovanni Battista», cui Roswitha si affianca descrivendo la missione profetica che si era assunta mettendosi a comporre poemetti e poi drammi.

Dell’imperatore Ottone I scrisse un’agiografia nelle sue Gesta Oddonis Caesaris Augusti e narrò anche la leggenda della fondazione del convento di Gandersheim.

Le leggende

Roswitha è autrice di otto leggende, definite anche poemetti agiografici e di sei drammi o meglio dialoghi drammatici, visto che al tempo dell’autrice era scomparsa la concezione di teatro e di rappresentazione drammatica. Nella leggenda di San Basilio un servo vende l’anima al diavolo in cambio dell’amore della figlia del suo padrone ma si pente e, grazie all’intervento provvidenziale del santo, riottiene il contratto stipulato con il demonio.

Anche nel san Teofilo il patto scellerato con il diavolo è al centro della vicenda, che vede il colpevole Teofilo pentirsi e rifiutare la sua nomina a vescovo decisa dall’imperatore. Invocando la Vergine, riottiene il documento dell’abiura sottoscritta col demonio.

Oltre alla leggenda di San Dionigi e dell’addio di Gesù alla madre, Roswitha scrive la leggenda del giovane San Pelagio, ove questi respinge le sconvenienti proposte di un emiro, mentre nella leggenda di Sant’Agnese, la santa rifiuta il matrimonio con un uomo il cui figlio tenta di violentarla.

Il Martirio di san Gangolfo racconta la storia di un grande feudatario della Borgogna, contemporaneo di Pipino padre di Carlo Magno. Un giorno, mentre questi ritornava con altri cavalieri da un’impresa vittoriosa, si fermò ad osservare un campo fiorito, che aveva una fontana nel mezzo. Decise di comprare questo campo, ma la fontana smise di zampillare l’acqua, fino a quando Gongolfo piantò il proprio bastone a terra: dopo tale gesto l’acqua miracolosamente tornò ad uscire. Dopo essersi sposato subì il tradimento della moglie con un chierico e, sospettando della fedeltà della donna, la convinse ad immergere la mano nell’acqua miracolosa, che aveva la virtù di provare l’innocenza delle persone. La donna la ritrasse bruciata, ma Gongolfo, che avrebbe potuto mettere a morte il seduttore, si limitò a bandirlo dalle proprie terre. Per vendetta il chierico uccise il suo signore e fuggì con la donna. La tomba del marito tradito e ucciso divenne in breve una méta di pellegrinaggio per i fedeli, poiché sopra di essa si compivano miracoli; venuta a conoscenza di questo fatto, la vedova derise le capacità della tomba del marito e venne subito punita, in modo particolarmente ridicolo: ogni volta che avesse cercato di parlare, dalla bocca le sarebbero usciti dei suoni simili a quelli emessi dal fondo schiena.

I drammi

Roswitha utilizza lo stesso stile di Terenzio per i suoi sei drammi (Abraham; Dulcitius; Calimachus; Paphnutius; Gallicanus; Sapientia), composti in prosa rimata, nei quali tuttavia manca ogni azione, non consistendo che in una serie di brevi scene dialogate.

Nel Dulcitius, il giudice pagano Dulcizio cerca di possedere le tre bellissime sorelle Agape, Chionia, Irene, ma miracolosamente, al posto del corpo delle giovani vergini, si trova ad abbracciare un gruppo di pentole. Deriso da tutti il povero Dulcizio venne sostituito. Diocleziano decide di affidare il compito ad un altro uomo di fiducia. Subentra un secondo giudice Sisinio. Invano cerca di persuadere le tre giovani cristiane, di prostrarsi agli dei, ma al rifiuto di Agape e Chionia, esse vengono martirizzate. Prodigiosamente sebbene morte i loro corpi non sono stati intaccati dalle fiamme del rogo. La sorella più piccola, Irene, forse la più facile da corrompere, viene risparmiata. Cercano invano di farla ragionare. Ma Irene rimane fedele a Dio. Esasperato, il pagano Sisinio ordina che la giovane sia fatta prostituire in un bordello. I soldati la scortano, ma la giovane viene salvata da due sconosciuti. Sisinio, furioso, la cerca con il suo seguito: una volta trovata in cima a un monte, Irene viene uccisa da una freccia di un soldato.

Nel Calimachus, il pagano Callimaco arde d’amore per la cristiana Drusiana, sposata in castità col marito Andronico. Alla morte di Drusiana, Callimaco corrompe Fortunato, servo posto a guardia della tomba, intenzionato a violentare il cadavere della donna, ma un serpente uccide il servo e la paura uccide Callimaco. Drusiana, Callimaco e il servo sono resuscitati da san Giovanni: Callimaco, di fronte a tanto miracolo si pente, ma non così il servo, che muore per la seconda volta.

Nel Paphnutius, la cortigiana Taide viene convertita dal monaco Pafnuzio e, per riscattare i suoi tanti peccati, accetta di vivere in dura penitenza chiusa in una piccola cella. Tre anni dopo, Pafnuzio ha la visione della gloria in santità di Taide: accorre nella sua cella in tempo per vederla morire.

Simile è il tema dell’Abraham, il monaco, zio di Maria che, corrotta dal demonio, finisce col vivere in un bordello. Abraham, conosciuta dopo tre anni la situazione in cui Maria vive, si reca nel bordello travestito e si finge suo cliente. Restati soli nella stanza, si svela e la convince a seguirlo con sé in una vita di penitenza.

Nel Gallicanus, questo pagano chiede in moglie all’imperatore Costantino I la figlia Costanza, che ha fatto voto di castità. Costantino, diversamente da Gallicano, sa del voto fatto dalla figlia ma tace, avendo bisogno dell’aiuto di Gallicano nella prossima guerra, e dà così il consenso alle nozze. Costantino e Gallicano partono per la guerra, insieme con i fratelli cristiani di Costanza, che intanto convertono Gallicano, mentre Costanza converte al cristianesimo le sorelle pagane di Gallicano. Tornato dalla guerra, Gallicano è un cristiano che ha fatto a sua volta voto di castità: saputo dell’analogo voto fatto da Costanza, ne è felice, perché essi rimarranno sposati agli occhi del mondo, senza però vivere mai insieme, per unirsi finalmente soltanto nel giorno dell’eterno gaudio.

Tanto in questo dramma che nel Calimachus e nel Pafnutius è stata rilevata la conoscenza, probabilmente per il tramite di Remigio d’Auxerre, di Scoto Eriugena e in particolare del suo De divisione naturae.

I Gesta Othonis

Gesta Othonis commissionati, presumibilmente, intorno al 962 rappresentano una fondamentale opera biografica dell’imperatore Ottone I di Sassonia, sono scritti in 1517 esametri leonini e vengono terminati entro il 968, data della morte di Guglielmo di Magonza, di cui Roswitha nel poema parla come di un vivo. Sono ritenuti posteriori sia alle commedie sia ai poemetti agiografici.

Primordia Coenobii Gandersheimensis

Si tratta di una storia del suo Ordine dall’anno 846 all’anno 919

Arte e psicologia

Al centro degli scritti è l’esaltazione della verginità, che sembra essere ritenuta virtù somma se per la sua difesa si combattono forze soprannaturali, in situazioni che non ci aspetteremmo essere trattate da una monaca. Ma Roswitha vuole giustificare il modello di vita da lei stessa scelto, esemplare riflesso del modello mariano, contrapposto per contrasto a chi la centrale virtù di quella scelta attenta. In questo modo, come

«le creature angeliche possono essere di una pura bellezza traslucida, bisogna che i demoni e i peccatori siano sporchi, grotteschi ed anche ridicoli. Il loro ridicolo nasce però non solo dalla loro prevedibilissima, immancabile sconfitta, ma anche nella ripetizione, nella moltiplicazione del grottesco e dell’osceno, in cui le anime pie evidentemente trovavano una pia soddisfazione, ignota, per fortuna, alla grandissima maggioranza dei lettori di oggi. In altre parole, quello che è stato chiamato il “naturalismo” medievale è il rovescio dell’antinaturalismo dei miracoli; o – nei termini della psicologia del profondo – dietro alla vergine – e alla Vergine – c’è l’ombra del diavolo e della strega.

Le sue opere sono istruttive perché mostrano quello che sapeva e quello che non sapeva e, soprattutto, mostrano quello che voleva dire e quello che non sapeva come dire. »

Ottavia Luciani

redazione.lecceoggi@gmail.com

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