Ondata di calore: sul Salento previste temperature elevate per molti giorni consecutivi
Caldo estremo, l’appello di Cgil e Fillea “Prefetto e sindaci facciano applicare l’ordinanza regionale”
Moscara e Toma: “Ogni anno 4mila infortuni legati alla calura Salute e sicurezza siano prioritarie per tutti”
“Il Prefetto ed i sindaci si impegnino a fare applicare l’ordinanza anticaldo. Chiediamo con forza che i corpi di Polizia Locale e le forze dell’ordine raccolgano le nostre segnalazioni e prestino attenzione, nella loro normale attività di vigilanza del territorio, alle condizioni di chi lavora, in particolar modo negli orari in cui vige il divieto”. Cgil Lecce e Fillea Cgil Lecce lanciano un appello alle istituzioni ed agli enti preposti al controllo affinché ordinanze e protocolli di intesa sulla sicurezza sul lavoro non restino solo sulla carta.
Il dovere della vigilanza. Da quasi due settimane è in vigore l’ormai rituale ordinanza regionale anticaldo, che vieta il lavoro tra le ore 12.30 e le 16 nelle giornate considerate ad alto rischio per le elevate temperature, nei settori agricolo, florovivaistico, edile e delle cave. Ordinanza che, al pari delle altre che si sono alternate nel Paese in assenza di un’assunzione di responsabilità nazionale (giunta solo ieri), insegue l’emergenza piuttosto che gestirla. “L’esperienza di queste settimane e quella degli scorsi anni infatti ci portano a chiedere una reale assunzione di responsabilità affinché le norme siano applicate, limitando ogni tipo di discrezionalità”, dicono Tommaso Moscara e Luca Toma, segretari generali di Cgil Lecce e Fillea Cgil Lecce. Ordinanza regionale, Protocollo d’intesa per il rafforzamento della sicurezza sui luoghi di lavoro nella provincia di Lecce” e in ultimo il Protocollo nazionale per il lavoro, sottoscritto ieri da parti sociali e datoriali con il Ministero del Lavoro, creano un’infrastruttura normativa e di “alleanze” carica di buoni propositi. Ora però bisogna essere pratici, controllare le attività nei cantieri e in tutti i luoghi a rischio, se è il caso anche sanzionare chi non rispetta il divieto. Toma preannuncia un’ampia attività di ricognizione del sindacato di categoria: “Vigileremo sulla corretta applicazione dell’ordinanza. A tal proposito chiediamo al Prefetto di sensibilizzare le istituzioni titolate al rispetto della salute pubblica, sindaci in testa, e con esse anche tutti i firmatari del protocollo d’intesa territoriale, in particolare Asl, Inps, Inail e Ispettorato del Lavoro. Dando così seguito all’articolo 3 del Protocollo provinciale firmato lo scorso marzo”.
Quando la temperatura sale, i diritti scendono. “Si muore di caldo non è più solo un modo di dire”, spiegano Moscara e Toma. “Basta consultare il meteo delle prossime giornate per capire il rischio concreto a cui sono sottoposti i lavoratori anche in orari non coperti dal divieto imposto dall’ordinanza: l’afa infatti si farà sentire già a metà mattinata e fino al pomeriggio inoltrato”. In edilizia esiste per esempio una possibilità che i datori di lavoro non sempre colgono. Quando la temperatura tocca i 35 gradi (reali o percepiti), le imprese infatti possono richiedere all’Inps il riconoscimento della cassa integrazione ordinaria proprio a tutela del proprio personale. Non bisogna dimenticare che In Italia il caldo estremo provoca 4.000 infortuni all’anno: soprattutto nei settori agricolo, delle costruzioni e della logistica (che però è fuori dall’ordinanza regionale). Comparti in cui spesso si sottopone il personale a turni lunghi in ambienti esterni o privi di adeguate protezioni.
Salute prioritaria, sempre. La dittatura del rispetto delle scadenze fa il resto, imponendo ritmi forsennati a discapito della sicurezza del lavoro e, talvolta, anche della qualità degli interventi. “Da questo punto di vista, nella gestione dell’ordinanza, particolare attenzione va riposta al concetto di pubblica utilità. Non sia l’escamotage per aggirare i divieti, esponendo così i lavoratori a rischi non richiesti dal reale e urgente interesse pubblico”, dicono i sindacalisti. “Occorre piuttosto ricercare con forza la soluzione organizzativa giusta capace di conciliare sicurezza sul lavoro e avanzamento dei cantieri, consapevoli che salvaguardare la salute e la vita dei lavoratori è impegno inderogabile”. Anche perché quando si vuole la sensibilità di stoppare i lavori si trova: “Alcune grandi stazioni appaltanti, anche sul nostro territorio, stanno imponendo la sospensione dei lavori stradali per ragioni di sicurezza legate all’incremento dei flussi veicolari, con inevitabili ripercussioni negative, tra l’altro, sul reddito dei lavoratori. Sembra quasi che le esigenze di chi viene da turista riescano a imporre soluzioni più veloci ed efficaci di quelle necessarie a salvaguardare la salute e il benessere dei lavoratori”