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RICAMATA PITTURA. MARIANNA ELMO E L’ARTE DEI FILI INCOLLATI NELL’ITALIA MERIDIONALE DEL SETTECENTO

RICAMATA PITTURA. MARIANNA ELMO E L’ARTE DEI FILI INCOLLATI NELL’ITALIA MERIDIONALE DEL SETTECENTO

MUST – Museo storico della città di Lecce, dal 21 maggio al 21 settembre 2020

“Ricamata Pittura” è una mostra dedicata a Marianna Elmo, l’artista leccese del ‘700 famosa per l’insolita tecnica dei “ricami a fili incollati”, un’arte di seta e d’argento che simula incredibili effetti pittorici, nata proprio nel capoluogo salentino e che raggiunge nell’epoca del suo massimo splendore i centri più lontani d’Italia e d’Europa. In esposizione nelle sale del Must più di cinquanta opere, in gran parte inedite, provenienti da importanti Musei e collezioni private, della Elmo e dei grandi ricamatori della sua epoca.

Gli artisti in mostra

Una generazione di artiste: la ricamatrice Marianna Elmo (1730 – post 1757), figlia del pittore Serafino e indiscussa protagonista della produzione di quadri a fili incollati nel panorama nazionale del Settecento; sua sorella Irene Elmo, di un anno più giovane, anche lei abile ricamatrice; poi la prozia omonima, vissuta nel Seicento, che per comodità chiamiamo Marianna Elmo senior; e ancora, i grandi ricamatori salentini Leonardo Quesi, Gaetano e Angelo Pati, che avevano bottega a Napoli e contribuirono all’affermazione della “scuola leccese” dei quadri a fili incollati nel panorama artistico dell’Italia Meridionale e in Spagna.

La tecnica del ricamo à fils collés

I quadri “a fili incollati” sono realizzati in una tecnica al confine tra la pittura e il ricamo. Non si può definirla propriamente ricamo in quanto manca l’uso dell’ago. Dal punto di vista materico i quadri a fili incollati presentano delle analogie con gli arazzi e i tessuti ricamati, tuttavia, a differenza di questi ultimi, presentano effetti di chiaroscuro, giochi di luce e passaggi cromatrici che donano all’opera un senso di profondità e volume di tale realismo da renderli simili a veri e propri dipinti. Il procedimento esecutivo fa uso di inserti di raso e di fili di sete policrome, d’argento e dorati, disposti ordinatamente e incollati su un supporto in cartone o cartoncino pesante, ricoperto da uno strato di cera d’api. Quest’ultimo funge da vero e proprio collante per gli inserti di seta e per i fili, inglobati nello strato più superficiale della cera, che viene leggermente riscaldata; e, grazie anche ad una leggera pressione, i fili e gli inserti di raso rimangono ben fissati alla superficie.

Le opere principali

Tra i molti pezzi straordinari del percorso espositivo, si segnalano: il Cofanetto-reliquiario di Santa Castoressa, realizzato nel 1754 dalla Elmo su commissione del Cardinale Enrico Enriquez, commendatario dell’abbazia di Santa Maria a Banzi; il Trionfo dell’Eucarestia e la Strage degli innocenti di Leonardo Quesi (1699), la Fuga in Egitto della Elmo (1752), provenienti dal Museo Nazionale di San Martino a Napoli; gli episodi biblici Abramo e Isacco sulla via del sacrificio e Giuseppe davanti al Faraone, della Marianna senior (fine XVII – inizi XVIII secolo), in collezione privata siciliana; la Santa Vittoria (1757 circa) della Elmo, che abbiamo scelto come immagine simbolo della mostra stessa.

Catalogo

Il catalogo della mostra, 234 pp., edito da Sfera Edizioni, raccoglie i risultati delle ricerche condotte in preparazione alla mostra, con testi di Giacomo Lanzilotta (Ispettore della Pinacoteca Metropolitana di Bari), Mauro Sebastianelli (docente all’Università di Palermo), Roberta Civiletto (restauratrice Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo), Silvana Musella Guida (già docente all’Università della Basilicata), Regina Poso (già docente all’Università del Salento) e altri specialisti del settore.

Collaborazioni

La realizzazione della mostra è stata possibile grazie al sostegno della Banca Popolare Pugliese, attraverso l’Art bonus, e con la collaborazione di enti e istituzioni quali la Direzione regionale musei della Campania, il Museo di San Martino di Napoli, la Soprintendenza ABAP per la provincia di Lecce, il Museo Sigismondo Castromediano, la Pinacoteca d’arte francescana “Roberto Caracciolo” di Lecce, la chiesa di Santa Maria di Banzi (Potenza) e altri.

 

Marianna Elmo

Nata a Lecce nel 1730, figlia del pittore Serafino Elmo, Marianna si è formata artisticamente nella bottega del padre, assieme alla sorella minore Irene, altrettanto abile nell’arte dei fili incollati.

Marianna è considerata la capofila della scuola leccese settecentesca del ricamo à fils collés.

Nel 1754, a soli ventiquattro anni, l’artista godeva già di grande fama ed era all’apice della sua carriera: a quello stesso anno risale uno dei capolavori dell’artista, il cofanetto-reliquario di santa Castoressa per l’abbazia di Banzi, su richiesta del cardinale Enrico Enrìquez, commendatario di quella chiesa.

La sua produzione si caratterizza per l’uso di fili di seta molto sottili e di una gamma cromatica ridotta a poche tonalità di verdi e azzurri, con cui riesce tuttavia a ottenere effetti pittorici di grande freschezza e vivacità.

 

Marianna Elmo senior

Marianna Elmo senior (documentata tra 1690 e 1699) fu una ricamatrice leccese attiva nella seconda metà del Seicento, probabilmente zia di Serafino Elmo e quindi prozia dalla più nota Marianna Elmo settecentesca.

L’esistenza di questa omonima ricamatrice è stata confermata grazie al rinvenimento di due quadretti della collezione privata francese Cougard-Fruman, raffiguranti Mosè salvato dalle acque e Sisara ucciso da Giaele, firmati entrambi: «Mariana Elmo di Lecce”, e di cui uno è datato 1690.

Le opere di Marianna senior si distinguono da quelle della pronipote per l’utilizzo di un particolare filato, chiamato filato in argento riant, che consiste nell’avvolgere un filo d’argento su un’anima in seta bianca o gialla, amplificando in questo modo i riflessi della luce sulle superfici.

Leonardo Quesi

Nato a Lecce, come attestano le sue firme, Leonardo Quesi è considerato tra i massimi esponenti nell’arte dei quadri a fili incollati, capace di raggiungere risultati eccellenti e donare alle sue opere effetti naturalistici di grande efficacia. La modalità di lavorazione del Quesi – molto vicina alla tecnica del collage – prevedeva anche l’utilizzo di ritagli di carta dipinti a tempera, oltre che dei fili di seta policroma di un certo spessore e di ritagli di raso.

Del ricamatore si hanno pochissime notizie. Le sue opere firmate e datate finora conosciute ci consentono di documentarne l’attività almeno tra il 1699 e il 1729. A lui e agli altri artisti leccesi si deve certamente la diffusione della tecnica dei quadri a fili incollati in ambito napoletano.

 

I «cavalieri» Gaetano e Angelo Pati

Documentati a Napoli nella prima metà del Settecento, i ricamatori Gaetano e Angelo Pati sono ritenuti fra i maggiori esponenti – insieme a Leonardo Quesi e alla famiglia Elmo – della scuola leccese dei quadri a fili incollati.

I due erano probabilmente imparentati tra loro, vista la comunanza di cognome, ed entrambi erano di origine salentina, come dimostra il ricorrente ripetersi del cognome negli antichi documenti d’archivio.

I due artisti, che nelle firme si fregiavano del titolo di cavaliere, contribuirono a diffondere la pratica della tecnica dei fili incollati a Napoli e nel resto d’Europa, in particolare in Spagna, come testimonia la cospicua presenza di opere di Angelo Pati in diversi centri della penisola iberica.

 

Giacomo Lanzilotta

 

redazione.lecceoggi@gmail.com

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