HomeRubricheIL SALENTO DALLA PREISTORIA ALLA MODERNITÀ: TARANTO

IL SALENTO DALLA PREISTORIA ALLA MODERNITÀ: TARANTO

IL SALENTO DALLA PREISTORIA ALLA MODERNITÀ: TARANTO

TARANTO LA SUA STORIA E I SUOI MONUMENTI

quarta parte (segue da sabato 25 novembre, domenica 3 dicembre e 09 dicembre 2017) 

MONUMENTI E LUOGHI DA VISITARE:

 

PALAZZO PANTALEO

palazzo_pantaleo_taranto

È un edificio del XVIII secolo di proprietà del Comune. Dal 2000 al 2007 ha ospitato alcune collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Taranto nella Città Vecchia. Attualmente è sede del Museo Etnografico Alfredo Majorano.

Fu costruito nel 1770 dal barone Francesco Maria Pantaleo, che realizzò un’ampia e fastosa residenza nobiliare dopo aver demolito alcune strutture preesistenti acquistate dal Capitolo e Clero di Taranto. Il palazzo si affaccia sul Mar Grance, con l’ingresso principale sulla rampa Pantaleo a cui dà il nome.

Grazie alla sua posizione sulla Rada di Mar Grande che immette verso il Ponte di Porta Napoli, il barone poté tenere sotto controllo le sue terre e l’imbarco dei prodotti sulle navi in partenza. L’incarico di costruire il palazzo sullo scoglio naturale, fu affidato a Francesco Saverio Miraglia dietro un compenso di 3.150 ducati d’argento, concordando il termine dei lavori entro i due anni successivi. L’edificio presenta un assetto unitario ed è privo di un cortile interno. La facciata principale si presenta con un avancorpo e un ampio portale, dal quale sporge la ringhiera bombata in ferro battuto della loggia sovrastante. Sono ancora visibili al piano terra un androne voltato ricco di profilature che ornano la torre merlata ed il leone dello stemma di famiglia, le stalle perfettamente conservate, la rimessa per le carrozze, nonché un ampio locale di servizio con ingresso indipendente su vico Civico.

Al mezzo piano ci sono invece gli appartamenti della servitù e la grande cucina con le maioliche originali bianche e azzurre. Una scala monumentale a doppia rampa conduce al primo piano nobile, dove si possono ammirare gli ambienti di rappresentanza con i soffitti dipinti da Domenico Antonio Carella nel 1773, rappresentanti scene tratte dall’Eneide e dall’Iliade. Queste opere furono pagate con 235 ducati d’argento più grano, olio e formaggio. Attraverso un’altra scala infine, si può raggiungere il secondo piano, dove si trovano altre camere con i soffitti dipinti su carta fissata a controsoffittature in legno.

 

Palazzo d’Ayala Valva  (borgo antico)

palazzo-dayala-valva-borgo-antico

È il palazzo più prestigioso della Città Vecchia. Fu costruito nel XVIII secolo da don Ignazio Marrese, che ne fece non solo la sua dimora, ma anche una residenza raffinata dove ospitare i ministri del re, gli ufficiali ed i subalterni. Il palazzo ha l’ingresso in via Paisiello e si affaccia sul Mar Grande, all’altezza di un grosso mastio pentagonale, il bastione Marrese.

La famiglia Marrese, di origine francese, era soprannominata “cefali di Marrese”, proprio per l’affaccio del palazzo sulla zona riservata alla pesca dei cefali. Nel 1800 fu acquistato dalla famiglia d’Ayala Valva, di origine spagnola, che lo modificò sostanzialmente facendogli acquisire connotazioni rinascimentali, al posto di quelle prettamente settecentesche. Nel 1981 il palazzo fu sottoposto alle disposizioni di tutela del patrimonio artistico dalla Soprintendenza ai Monumenti, e nel 1982 fu espropriato dal Comune, onde consolidarne le strutture, restaurarne gli interni e destinarlo a sede del Museo Etnografico Alfredo Majorano. Attualmente l’edificio è in stato di totale degrado e abbandono, il portone è ormai murato dopo i continui furti avvenuti negli anni passati, le finestre sono completamente aperte ed è possibile riuscire a scorgere da qualcuna di esse i maestosi soffitti lignei dipinti.

L’edificio è di grandi proporzioni, con tre piani in superficie e tre sotterranei, e con il piano cantinato costituito proprio dal bastione Marrese con il quale comunica. Differenti sono i due prospetti esterni, concepiti evidentemente tenendo conto dei diversi scenari su cui si affacciano. I piani inferiori erano adibiti a rimessa, stalla, magazzini, cisterne ed alloggio per la servitù, mentre i piani superiori contavano 30 stanze, con raffinate decorazioni, affreschi e dipinti, tra cui un San Francesco che soccorre gli ammalati di Michele Ragolia. Di particolare fattura e pregio sono i soffitti lignei del salone centrale, della sala delle porcellane, della sala degli stemmi e della saletta degli specchi. Notevole il pavimento maiolicato finemente decorato, lo scalone nobile a tenaglia in mazaro, con pregevole statua di marmo a coronamento.

Ponte Punta Penna Pizzone

ponte-penna-pizzone-o-aldo-moro

Il ponte Punta Penna Pizzone di Taranto, conosciuto anche come ponte Aldo Moro, è la struttura che congiunge punta Penna con punta Pizzone, nel punto in cui un restringimento naturale crea i due seni del Mar Piccolo.

Inaugurato il 30 luglio 1977, è lungo 1.909 metri e raggiunge l’altezza di 45 metri sul livello del mare. È tra i più lunghi d’Europa. Fu realizzato in calcestruzzo precompresso su progetto dell’ing. Giorgio Belloni, e costò all’epoca quasi 26 miliardi di lire per la sola realizzazione, più altri 15 miliardi di lire per l’esecuzione dei lavori di viabilità secondaria.

La necessità di questa grande opera di ingegneria sorse alla fine degli anni sessanta, per sopperire ai problemi derivanti dal crescente traffico veicolare e dall’espansione urbanistica di Taranto. Rappresenta un determinante strumento viario per la città, in quanto permette un rapido collegamento delle periferie più a nord con quelle più a sud, soprattutto durante le procedure di apertura del ponte girevole per consentire il passaggio delle grandi navi militari, periodo in cui Taranto resta letteralmente divisa in due.

Fortezza de Laclos

fortezza-laclos

Era una fortificazione che Napoleone fece edificare verso la fine del ‘700 sulkl’Isola di San Paolo nel goldo di Taranto. La struttura rivestì il ruolo di strumento determinante per la difesa di Taranto, quando l’Imperatore decise di farne il suo avamposto nel Mar Mediterraneo. Il completamento venne affidato al Generale d’Artiglieria Pierre Choderlos de Laclos. Laclos, morto a Taranto, fu sepolto nella piazza d’armi interna al forte avendo rifiutato i conforti religiosi. L’ultima traccia della sua sepoltura risale al 1814, quando nel preventivo per il restauro del forte si stima in circa200 ducati il capitale necessario per accomodare la tomba: si pensa infatti che le sue spoglie siano state gettate in mare quale manifestazione di odio nei confronti dei Francesi.

Il forte fu abbattuto alla fine dell’800 in occasione dei lavori di edificazione della batteria Vittorio Emanuele II (poi Umberto I) che costituisce un mirabile esempio di architettura militare del passato, ed è di importanza rilevante soprattutto da un punto di vista paleontologico: esso è rivestito di blocchi di calcare proveniente dalle vicine Murge, nei quali è possibile osservare i resti fossili di un organismo bivalve che viveva circa 100 milioni di anni fa, e dei quali si è persa ogni traccia. Esiste pertanto un progetto che mira all’utilizzazione di tutta l’Isola di San Paolo quale area naturale protetta.

La Tomba degli Atleti

tomba-degli-atleti

All’angolo tra via Pitagora e via Crispi è visibile una grande tomba a camera, posta in prossimità degli assi viari principali del tessuto urbano greco e ritenuta uno dei più importanti monumenti dell’architettura funeraria tarantina di età arcaica (fine VI – inizi V sec. a.C.). A pianta quadrangolare ed interamente costruita e pavimentata in blocchi regolari di carparo, la struttura presentava una copertura originaria con lastroni e architravi, anch’essi in carparo, sostenuti da due colonne doriche, allineate al centro del vano. Lo spazio interno risulta organizzato sul modello dell’andròn, la sala da banchetto riservata agli uomini nella casa greca arcaica: i sette sarcofagi, uno dei quali mai utilizzato, sono disposti – come i letti conviviali (le klinai) – lungo le pareti. Nello spazio centrale sono presenti copie del ricco corredo di accompagnamento, posizionato all’esterno e all’interno dei sarcofagi. Gli oggetti, come anche la struttura tombale, alludono agli aspetti rappresentativi della cultura aristocratica tarantina: l’atletismo ed il simposio. Particolare rilievo è riservato, al centro della camera funeraria, all’anfora panatenaica, premio tributato agli atleti vincitori nel corso delle gare che caratterizzavano le feste celebrate ad Atene in onore della dea Atena. Questo straordinario monumento funerario costituisce, quindi, – per dimensioni, impianto e corredo – un’evidente testimonianza dell’alto livello sociale di appartenenza degli individui sepolti, uniti in vita – come in morte – da affinità politiche, culturali ed ideologiche.

Museo Spartano di Taranto – Ipogeo Bellacicco

spartan-museum-of-taranto

Il Museo Spartano di Taranto – Ipogeo Bellacicco  (MISpa) , già Ipogeo di Palazzo de Beaumont Bonelli, è situato al numero 39 di Corso Vittorio Emanuele II (ringhiera del mar grande) nel Borgo Antico di Taranto.

La peculiarità che rende questa struttura unica in tutto il panorama storico-artistico pugliese è che in essa sono documentate tutte le epoche e i periodi storici a partire dalla fondazione di Taranto ad opera degli spartani (VIII sec a.C) fino al XVII sec. data di costruzione del soprastante Palazzo nobiliare de Beaumont Bonelli. La struttura, di appartenenza e gestione privata senza sovvenzionamenti pubblici, è attualmente sede dell’Associazione Culturale Filonide che ne cura le visite guidate. Al suo interno si trova il banco di roccia calcarea, sulla quale si possono ammirare i resti fossili dei mitili tipici di Taranto.

Il museo ipogeo spartano è attualmente al quarto e ventesimo posto fra i siti turistici recensiti da Tripadvisor rispettivamente a Taranto e in Puglia

Ottavia Luciani

 

(fine)

redazione.lecceoggi@gmail.com

No Comments

Leave A Comment