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IL SALENTO DALLA PREISTORIA ALLA MODERNITÀ: ABBAZIA DI CERRATE

IL SALENTO DALLA PREISTORIA ALLA MODERNITÀ: ABBAZIA DI CERRATE

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Lo scorso mese ho avuto una possibilità, di cui ho subito approfittato, per poter visitare l’Abbazia di Cerrate sulla strada che da Squinzano porta al mare. Grazie alle Giornate FAI (19 e 20 s.m.) ci sono riuscita e devo riconoscere di aver goduto di sensazioni bellissime.

Intanto si deve dire che l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate è unico bene Fai della nostra regione, cioè il solo che rientra tra i luoghi di rara bellezza, spesso nascosti e poco noti, salvati dal degrado, dall’oblio e dalle ingiurie del tempo e dell’uomo grazie al Fondo Ambiente Italiano.

Visitare l’Abbazia consente un incontro con l’arte, la storia e un poco anche con la leggenda. Infatti la storia dell’Abbazia affonda nella leggenda: si racconta, infatti, che il Monastero venne fondato dal re Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce nei primi anni del 1100. A lui apparve l’immagine della Madonna, dopo aver inseguito una cerbiatta in una grotta, durante una battuta di caccia.

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La realtà racconta altro, così si scopre, grazie appunto alla visita guidata, che la sua fondazione è ancora più antica e si può far risalire agli inizi del XII secolo, quando Boemondo d’Altavilla figlio del valoroso Roberto il Guiscardo, vi insediò un cenobio di monaci greci, seguaci della regola di San Basilio Magno. I monaci basiliani, riparati in Salento per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste di Bisanzio, abitarono poi stabilmente Cerrate dalla metà del XII secolo, epoca in cui fu vivace l’attività di una biblioteca insieme a quello di uno scriptorium.

Con il tempo l’Abbazia venne ampliata fino a divenire un importante centro monastico dell’intera Italia meridionale. Passata sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, fu dotata oltre alla chiesa, di stalle, alloggi per i contadini, un pozzo, un mulino e due frantoi sotterranei.

Agli inizi del 1700 fu saccheggiata da pirati turchi e successivamente il complesso fu completamente abbandonato fino all’intervento della Provincia di Lecce, nel 1965. Dal settembre 2012 l’Abbazia è stata affidata dall’Amministrazione Provinciale di Lecce in concessione trentennale al FAI, diventando così il primo bene gestito dalla fondazione in Puglia. Gli interventi di restauro in corso stanno interessando anche il territorio circostante a partire dal verde che circonda l’Abbazia. Mentre al secondo piano della casa del massaro è stato ricavato un interessante museo di storia contadina. Visitabili anche i suggestivi ambienti dei frantoi ipogei per le spremitura delle olive, ricavati nelle grotte sotterranee scavate nel tufo.

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Riguardo al nome di Cerrate, si pensa derivi da una varietà di quercia, la “Quercus cerris” appunto, che vegetava nella zona ricca, peraltro, di lecci e della caratteristiche essenze della “macchia mediterranea”. Tutto ciò renderebbe possibile realtà la leggenda dell’esistenza nel Salento dei cervi, fatto del resto confermato dalla richiesta di esigere una particolare tassa, la “decima” sulla caccia al cervo e al cinghiale, da parte di Goffredo di Conversano e dell’Arcivescovo di Brindisi, intorno al 1100. L’esistenza dei cervi è confermata ancora  di più  dai pittogrammi ritrovati nell’omonima grotta a Porto Badisco, anche sul mosaico pavimentale di Otranto, dov’è rappresentato ferito.

Visitando la chiesa si rimane interdetti davanti alla parete su cui si trovano rappresentate immagini di santi e cavalieri capovolti. La spiegazione logica è legata alle frequenti ricostruzioni che negli anni hanno interessato l’edificio. Nell’abside si trovano invece gli affreschi più antichi di chiara ispirazione bizantina. Sul lato settentrionale della chiesa, verso la metà del XIII secolo, fu aggiunto il portico costituito da 24 colonne con interessanti capitelli, diversi gli uni dagli altri, in cui prevale il gusto del fantastico e del mostruoso.
La copertura delle navate è a capriate, che reggono una base di cannicciato a vista, sul quale poggiano le tegole. Rilevante il ciborio, sorretto da quattro colonne, mentre nell’atrio esterno, a pochissima distanza dalla chiesa, è collocato il pozzo sul quale sono scolpiti uno stemma, una sirena e, sui lati corti, due mascheroni.

Ottavia Luciani

 

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