HomeCronaca e Attualità“U PICCINNE NO JÈ STUEDC”. LA RICERCA SCIENTIFICA NON DEVE FAR PAURA.

“U PICCINNE NO JÈ STUEDC”. LA RICERCA SCIENTIFICA NON DEVE FAR PAURA.

“U PICCINNE NO JÈ STUEDC”. LA RICERCA SCIENTIFICA NON DEVE FAR PAURA.

Diffusi i dati preliminari dell’impatto degli inquinanti sul neurosviluppo infantile. “Nel 2024 la ricerca completa”.

“Il nostro obiettivo finale è rispondere agli interrogativi” conclude Roberto Lucchini, docente di medicina del lavoro dell’Università di Brescia durante il convegno “Neurosviluppo a Taranto”, la tappa intermedia di un lavoro di ricerca sul rapporto tra inquinanti e patologie legate allo sviluppo dai sei anni in poi. Il team di ricerca, composto da funzionari e dirigenti dell’Asl di Taranto e da docenti e ricercatori dell’Università di Brescia, per sei anni hanno svolto indagini nella Città dei Due Mari, coinvolgendo fino a oltre seicento famiglie.
La conclusione della ricerca sarà nel 2024 ma “non potevamo attendere per diffondere i dati”, ha spiegato Lucchini, facendo infine appello sia alle famiglie che alle scuole, “nascondere sotto lo zerbino non serve a niente. La ricerca parte dalla comunità e alla comunità deve ritornare”, ha concluso Lucchini.

La ricerca, che si è sviluppata in cinque step diversi, si è svolta coinvolgendo bimbi senza alcuna diagnosi pregressa e le loro famiglie, sottoponendoli a tre tipi di test: questionari emotivi-comportamentali, test cognitivi per la rilevazione del QI e questionari socio-economici.

Un questionario a cui sono state sottoposte anche alcune mamme, in tre zone di Taranto, definite in base alla distanza dalla zona industriale ha permesso di definire la relazione tra perfezione degli eventi stressanti, situazione sociale ed economica e salute psico-fisica. “È uno dei primi studi che integra i dati del neurosviluppo, con dati ambientali e socioeconomici” ha spiegato Alessandra Patrono, ricercatrice dell’Università di Brescia, “dai primi test è risultato che un sesto del campione ha avuto punteggi significativi dal punto di vista clinico. Nella zona 1, quella immediatamente adiacente alla zona industriale, è risultato significativo dal punto di vista clinico con un impatto del 42%, l’indice cognitivo di memoria di lavoro”

“La difficoltà è stata convincere le famiglie a fare approfondimenti neuropsichiatrici”, ha spiegato Anna Cristina Dellarosa, direttrice della struttura complessa di Neuropsichiatria dell’Asl di Taranto, “i disturbi del neurosviluppo sono comunque in aumento sul tutto il territorio nazionale. Il compito della neuropsichiatria è quello del riconoscimento il più precoce possibile, perché se si interviene per tempo è possibile migliorare le condizioni del paziente”.

Durante la ricerca è emerso come per molte famiglie risulta difficile accettare una diagnosi relativa ai disturbi del neurosviluppo, per il timore di uno stigma sociale che potrebbe impedito ai propri figli di realizzarsi completamente nella vita. Eppure la ricerca, è emerso dal dibattito, serve proprio a analizzare e intervenire per tempo. I disturbi della neuropsichiatria, però, a differenza di altri tipi di patologie, non sono socialmente accettati, eppure la ricerca ha dimostrato che su un campione di bambini senza diagnosi, ben un sesto, 92 casi, avevano risultati clinicamente significativi. “Il fattore tempo è determinante”, ha concluso la dottoressa Dellarosa.

L’obiettivo della ricerca è quello di dimostrare, o meno, l’impatto degli inquinanti nello sviluppo dei bambini, e per far questo una parte del lavoro è stato dedicato all’analisi ambientale. “I primi risultati mostrano che, in genere, le polveri depositate negli ambienti interni alle scuole considerate hanno una composizione chimica diversa rispetto a quelle depositate in esterno: le prime risentono dell’influenza dell’impianto produttivo mentre le seconde hanno una composizione chimica più simile a quella delle polveri che si trovano depositate al suolo. Sono stati anche prelevati dei campioni di suolo e polveri presso le abitazioni di 40 partecipanti ma i risultati di queste analisi non sono ancora disponibili” ha esposto Marco Peli, ricercatore dell’UniBs. Anche in questo caso, sul campione di 600 famiglie, solo 40 hanno permesso di analizzare le condizioni ambientali interne alle proprie case.

Lucchini conclude: “Ci siamo interessati alle alterazioni, ai valori che secondo noi non erano normali. E quindi, grazie a un percorso di presa in carico della Asl in collaborazione con la Neuropsichiatria infantile, tutte le diagnosi iniziali che non era chiaro se fossero alterate o meno. Le diagnosi sono state confermate: deficit intellettivo, disturbo dell’attenzione. Ci sono delle diagnosi che non vengono colte dalle famiglie o dalle scuole e se non vengono colte in fase precoce, non è possibile fare un intervento. Non bisogna sottovalutare questi segnali, perché ci possono essere situazioni che possono essere corrette. Torneremo a Taranto quando abbiamo concluso tutti i risultati”

All’evento, moderato e condotto dal giornalista Fulvio Colucci, ha partecipato anche Augusto Giorgino, dirigente medico del Dipartimento Prevenzione Asl Taranto.

 

luciani.2006@libero.it

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