Il Musticiu di Lecce ospita “BIANCHI VENEZIA”, nuovo libro di Osvaldo Piliego
Un viaggio in bici che attraversa i luoghi della memoria: domenica 21 aprile (ore 11:00 – ingresso libero) il cortile di MUSTiciu, caffetteria del MUST – Museo Storico della città di Lecce, ospita la presentazione di “Bianchi Venezia”. Il nuovo libro di Osvaldo Piliego, con una nota di Margherita Macrì, è appena uscito per Collettiva edizioni indipendenti nella collana “Prose minime”, con la cura editoriale di Simona Cleopazzo e Stefania Zecca. L’autore leccese, scrittore, progettista culturale e socio fondatore di Coolclub, dialogherà con Dario Goffredo.
C’è una necessità per la Memoria, che è organismo vivente dotato di una sua autonomia, logica e cronologia, di ripetere i suoi percorsi a ché i ricordi non si smarriscano. Il tempo favorisce la dimenticanza, la lontananza. La memoria invece è resistente, ricalca i vissuti, li cerca e se ne ciba. Così il poeta in questa raccolta, in sella alla sua Bianchi Venezia, compie il suo atto di resistenza: ricordare, ripercorrere, rivivere, sono azioni duplicate più volte affinché tutto resti fissato. Attraverso una mappatura della città Piliego indica le sue tappe, restituendo la geografia del suo sguardo che non stupisce ma custodisce. “Osvaldo è un poeta di sguardo, e le poesie si scrivono imparando a guardare. Sa bene che guardare significa anche consumare e, ogni volta che gli occhi si posano su una creatura, equivale già a eroderla”, scrive Margherita Macrì nella nota del volume.
C’è un uomo che, in sella alla sua Bianchi Venezia, percorre i luoghi che abita e che ha abitato. Un mezzo, la bici, che gli consente di modulare l’andatura, snodarsi fra rivoli di ricordi. I vissuti irrompono senza preavviso, le cose emergono senza chiedere il permesso. I luoghi tramutano in ricordo e la memoria si espande a raggiera, divenendo il sense of place del poeta. Così una pedalata può condurre a San Cataldo, a Frigole o nel desiderio giovanile di prendere distanza dalla città natale, Lecce, per conoscere altro. “Sognavo paesi lontani/alla fine delle rotaie”, salvo poi ritrovarsi attanagliati dalla nostalgia. La scelta è dunque di restare anche se questo comporta confrontarsi col dolore, “Ho un dolore qui nel petto”. Lo stare è la postura di Piliego, intesa come costante osservazione della dialettica fra esterno e interno perché mai sono scisse queste due dimensioni nella sua scrittura. “Io resto fermo e guardo”.