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“NON AMIAMO A PAROLE MA CON I FATTI” – IL NUOVO VOLTO DELLA POVERTÀ

“NON AMIAMO A PAROLE MA CON I FATTI” – IL NUOVO VOLTO DELLA POVERTÀ

don Attilio Mesagne

don Attilio Mesagne

Fino a qualche decennio fa, quando ci si riferiva ai poveri, si prendevano in considerazione persone in condizione di estrema difficoltà economica: l’immaginario collettivo collegava la parola povero con una persona senza fissa dimora che chiedeva l’elemosina per strada.

Nel tempo questa immagine stereotipata si è rivestita di nuovi connotati: il cambiamento del mercato del lavoro, con la diffusione di contratti di lavoro atipico che tutelano poco i lavoratori, e la crisi economica, in particolare, hanno lentamente eroso le certezze di tanti.

Oggi, infatti, quando si parla della povertà non si sa mai da dove iniziare, anche perché il fenomeno è diventato multidimensionale, sfaccettato e dai confini non sempre definiti: povero è anche chi ha un lavoro, ma si è visto ridotto lo stipendio e non riesce a pagare il mutuo; poveri sono i divorziati, mariti e mogli, che sopportano un vero e proprio collasso economico; povere sono le donne sole, con figli, penalizzate da sempre da un mercato del lavoro che le relega a mansioni  sottopagate rispetto agli uomini; poveri sono gli anziani che si adattano con pensioni molto basse e, anche quando godono di pensioni decorose, rischiano di ritrovarsi in grosse difficoltà per aiutare i figli disoccupati; poveri sono i giovani che, vivendo situazioni difficili in famiglia, abbandonano il percorso di studi, convinti che andare a scuola non serva a nulla, rinunciando a mettere le fondamenta per un futuro migliore.

Questo panorama, oltre che dalle ricerche dell’Istat e della Caritas Italiana, è emerso nell’ultimo incontro della “Delegazione Regionale Caritas Puglia”, che si è tenuto ad Ascoli Satriano (FG) il 15 e 16 settembre u.s.. Le Caritas Diocesane di Puglia si sono confrontate proprio sui temi delle nuove povertà, rilevando che la pur eccellente capacità di vivere percorsi di prossimità con le persone in condizioni di disagio, attraverso l’attività dei Centri d’Ascolto, va implementata con strumenti di lettura dei fenomeni sociali, che non solo mutano, ma diventano sempre più complessi.

Le Caritas Diocesane sono concordi nell’affermare che l’approccio alle nuove povertà deve superare il mero assistenzialismo e rimettere al centro la persona con le risorse che la caratterizzano. Bisogna essere in grado di attivare processi di “welfare responsabile” che coinvolgano dal basso le comunità civili ed ecclesiali e le imprese e, dall’alto, le Istituzioni, ciascuna nella sua specificità, fornendo alle persone in condizioni di disagio strumenti capaci di stimolare le proprie potenzialità e farle uscire dalla spirale della povertà.

C’è da dire, però, che sono proprio i poveri che ci fanno comprendere che “la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole” (NMI, 50) e ci stimolano ad aprire il nostro “cuore chiuso e ottuso” e a metterci in gioco per scoprire fino in fondo la nostra vera umanità. Sono loro che in realtà ci danno le indicazioni per proseguire nel giusto cammino: tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza (cf 1Tim 6,11).

“Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3, 18). Queste parole dell’apostolo Giovanni esprimono un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere, soprattutto quando si è chiamati come Chiesa, come comunità cristiana, ad amare e servire i poveri (cf Francesco, Messaggio in occasione della 1a Giornata Mondiale dei Poveri, 13.06.2017, 1). Ma soprattutto è da sottolineare che prima di essere Chiesa per i poveri, ci è richiesto di essere Chiesa con i poveri e anzitutto Chiesa povera.

Sac. Attilio Mesagne

 

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