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IMPRESE ROSA: TREND STABILE NEL SALENTO

IMPRESE ROSA: TREND STABILE NEL SALENTO

Positivo il bilancio delle imprese  femminili che chiude il 2022 con 267  imprese in più, saldo scaturito da  1.128 iscrizioni e 861 cancellazioni (non d’ufficio). Al  31.12.2022 le imprese “rosa” erano 17.149, numero sostanzialmente stabile, lo scorso anno, infatti, erano 17.166.  Le imprese guidate da una donna rappresentano il 22,7% del tessuto imprenditoriale complessivo, tasso di femminilizzazione che colloca  la provincia leccese al quarto posto tra le province pugliesi, dopo Foggia (25,9%), Taranto (24,8%) e  Brindisi (22,8%), precedendo solo Bari (21,7%). La provincia di Lecce è in linea, per  tasso di femminilizzazione, con la regione Puglia (23,2%) e il dato  nazionale (22,2%).

A fine 2022 è il commercio il settore che raccoglie il maggior numero di imprese gestite da donne pari a 5.004, poco meno del 30% del totale delle  imprese femminili, seguito dal comparto agricolo che con 2.870 imprese ha un peso del 16,7% e  dalle attività di alloggio e ristorazione le cui  1.909 unità  incidono sul totale delle imprese rosa per l’11%, analogamente alle altre attività dei servizi, rappresentate da 1.692 il cui peso è di circa il 10% . Tra i   settori che registrano tassi di  crescita positivi si riscontra l’agricoltura (+1,85%), e alcune attività dei  servizi, in particolare  le attività legate ai servizi di informazione e comunicazione (+3,69%), le attività  professionali, scientifiche e tecniche (+2,33) e le attività di servizi di supporto alle imprese (+1,64%). I settori tradizionali invece, quali il commercio e il manifatturiero, registrano un tasso di sviluppo negativo rispettivamente pari  -2,21% e -0,81%. Anche le   attività dei servizi di alloggio e ristorazione (-2,87%) chiudono il 2022 con il segno rosso, analogamente alle attività legate alla sanità e assistenza (-1,6%). Da evidenziare nell’ambito del settore manifatturiero, comprendente  1.079 imprese, che le imprenditrici si collocano principalmente  nel settore della moda, sono infatti  296 attività che si occupano di  confezioni di articoli di abbigliamento, 80 nel tessile e 46 nel calzaturiero. Anche l’industria alimentare è ben rappresentata con 231 imprese, delle quali 166 nell’ambito dei prodotti da forno, pasticceria  e pasta.

“Si tratta indubbiamente di dati incoraggianti – afferma Stefania Mandurino, componente della Giunta della Camera di Commercio di Lecce, delegata sull’argomento dal Presidente Mario Vadrucci – perché testimoniano degli sforzi delle donne salentine, soprattutto delle più giovani, di costruire un percorso imprenditoriale particolarmente significativo. La prima caratteristica che vorrei sottolineare riguarda l’impegno delle imprenditrici ad operare in settori in cui molto forte è la componente della sostenibilità e della difesa dell’ambiente. Anche quando si tratta di creare una nuova impresa in settori tradizionali, come l’agricoltura, le donne non hanno paura di affrontare e sperimentare novità colturali, di prodotto e di processo, che ne fanno le antesignane di un cambiamento necessario anche nel settore primario, per poter affrontare le sfide del mercato, nazionale ed internazionale. Ma non mancano nemmeno gli esempi in settori più innovativi che testimoniano la lungimiranza delle giovani imprenditrici, capaci di guardare con fiducia al futuro.”

Viaggiando tra i vari settori di attività economica e osservandoli sotto la lente del tasso di femminilizzazione – corrispondente alla quota delle imprese femminili sul totale imprese di settore – si scoprono aspetti degni di nota. Di fronte a una media provinciale pari al 22,7% di imprese rosa sul totale imprenditoriale, spicca il settore degli altre attività di servizi, dove circa 48 imprese su 100 sono capitanate da donne (1.692 in valore assoluto). Si tratta di un aggregato che ricomprende attività storicamente svolte dalla componente femminile della società, quali, ad esempio, l’attività di parrucchiere ed estetista, così come l’esercizio delle imprese di lavanderia, fenomeno che può essere considerato l’effetto del perdurare di una concentrazione dell’attività femminile in alcuni settori tradizionalmente ritenuti appannaggio delle donne. In tale aggregato rientra anche l’ambito del wellness: i servizi dei centri per il benessere fisico (dove quasi il 60% delle imprese è rosa), che oggi più di ieri sono un settore in forte espansione in risposta ai nuovi stili di vita e livelli di benessere. Subito dopo le “altre attività di servizi” si trova quello della “sanità e assistenza sociale” (servizi per anziani, asili nido ecc.), in cui poco meno di  40 imprese su 100 sono femminili (313 in valore  assoluto), a dimostrare che sono state verosimilmente l’evoluzione storica dei servizi sociali e la successiva espansione del welfare a favorire l’incontro tra un’offerta in costante aumento e un’analoga domanda da parte delle donne. Si è creato, così, un circolo virtuoso tra il mercato del lavoro, che richiedeva forti capacità relazionali e di cura, e le abilità che le donne esercitavano tradizionalmente in casa per i familiari e che si sono spostate in ambito extradomestico. Un altro settore che costituisce storicamente un terreno molto fertile rispetto alle attitudini del genere femminile è quello dell’istruzione, che in parte lambisce la dimensione sociale dell’imprenditoria rosa: in tale settore sono poco più di  33   su 100 le imprese femminili, 142 in termini assoluti. Di contro ci sono settori nei quali la presenza femminile è del tutto marginale: basti pensare all’edilizia e l’industria estrattiva  settori in cui le imprese gestite da una donna sono poco più di   5 su 100. Di poco superiore il tasso di femminilizzazione delle  attività di   public utilities quali fornitura di acqua (11,2%) ed energia elettrica e gas (12,8%).

Nei settori numericamente più corposi, quali l’agricoltura e il commercio, la presenza di imprenditrici è, rispettivamente, del 29,6% e del 22,4%.

“Quello che emerge da questi dati riguarda la giovane età delle donne che si avvicinano alle problematiche imprenditoriali, invogliate anche dagli incentivi che l’Unione Europea , il Governo e la Regione Puglia hanno messo a disposizione delle “imprese rosa” – afferma ancora Stefania Mandurino – Una preparazione ed una cultura sopra la media manifestate dalle imprenditrici salentine ed un rapporto più spostato sull’innovazione, anche tecnologica, sono indubbiamente figlie di un rapporto più maturo con gli studi universitari, soprattutto con l’Ateneo del Salento, che spinge le donne a guardare alla creazione di un’impresa con maggiore disponibilità. Gli ostacoli, rispetto alle imprese a conduzione maschile, sono dovuti, anche nella nostra provincia, al doppio impegno della donna, sia nell’impresa che in famiglia, modalità che rendono più faticoso il percorso, ma che non scoraggiano certamente le donne salentine che sempre più spesso si affacciano al mondo produttivo. L’impegno della Camera di Commercio è quello di affiancarle sempre di più per rimuovere gli ostacoli che ancora rallentano la loro meritoria opera”.

 

luciani.2006@libero.it

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