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L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO

L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO

VOLTURNO ARCANO di Cristina Eléni Kontoglou

“Volturno arcano” è una silloge di Cristina Eléni Kontoglou il cui versificare è partecipazione a un viaggio nella forma di un presente che è una provenienza dimenticata nel richiamo di una “grecità” risonante nelle figure e nei miti che l’hanno informata e incarnata.

Ho definito “grecità” quell’immagine del perpetuarsi della continuità, tutta greca, che rinnova e reinterpreta l’antica eredità che ci è comune, riscoprendo i valori civilizzatori della poesia che non tenta scioglimenti ma vibranti abbandoni, nel legame fiducioso del proprio esserci naturalmente interroganti e collocati in spazi e tempi reali e contestualmente onirici.

Ho percepito, leggendo queste liriche, la forza primordiale delle passioni come punto cardine di una vita degna di essere vissuta.

In questa raccolta ho scorto una ricerca di armonia e di parole che si palesa in una scrittura pulita, nitida anche se non sempre di chiara comprensione e ho assaporato il piacere trasmesso da liriche intense che forse prendono spunti dalla biografia interiore dell’Autrice.

Sono composizioni tese e “drammatiche” dove qua e là affiora un turbamento spirituale, una personalità protesa all’essenzialità del contenuto e dell’espressione estetica.

Il linguaggio poetico, contraddistinto da originalità espressiva, dà vita a straordinarie suggestioni, a rarefatte atmosfere poetiche dove si fondono ancestrali paesaggi e utopici sogni.

Il linguaggio attraversa la commedia umana nel suo aspetto più terreno e carnale e in un suo mitigato bisogno di trascendenza.

La Poetessa sembra voler fermare e, contraddittoriamente, far defluire la vita e i sentimenti nel tempo e fuori dal tempo, dando alla poesia l’emblematica funzione di imperituro presente.

I versi appaiono sospesi, eppure tesi nella parola, in bilico tra realtà e proiezione onirica e mitica di sentimenti, timori, ricordi evanescenti. Vibra in questa voce un costante, tormentoso, senso di attesa in cui la luce si forma in pennellate graduali da una notte abissale, mentre il nero degrada impercettibilmente tra l’ampia gamma di tutte le sfumature del grigio, fino a un quasi bianco che ammalia più del baratro e protegge, come il dolore inghiottito e interiorizzato che implode, all’apparenza attutito, in una falsa quiete.

Il lettore è immerso in un tempo che lo blocca nell’attimo, tra il passato e il futuro. Un’attimo mitico, che fissa in un eterno presente i tipi ideali, rappresentati dalle tematiche che ogni personaggio della mitologia greca citato incarna. E così le pene e le situazioni descritte divengono universali e può ben capitare che, nell’offerta poetica, situazioni classiche e moderne si incontrino e si mischino.

Ampiamente utilizzata è la figura retorica della similitudine, che spesso introduce paragoni arditi e surreali, che titillano l’immaginazione del lettore, mettendolo di fronte a quadri dipinti con le parole.
Occorre evidenziare che ci troviamo di fronte a quella che non è certamente la più facile delle letture, complessa e alta nel solco di quelle suggestioni che solo i poeti greci riescono a costruire, con la caparbietà di un sonoro sentire che non cessa di emettere i suoi significati come se un ventaglio di sistemi simbolici li aprisse a una lettura perpetua.

I versi della Kontoglou sono incisivi, di forti contenuti emozionali, disincantati ma abilmente contenuti e controllati da una intelligenza di donna che pervade il libro. L’Autrice rivela un mondo visto al femminile, cambia il punto di vista a chi, come lei, donna, anche se diversa da lei, lo vive nel segreto del suo sentire di vita, di fatti e avvenimenti, leggere queste poesie, a mio avviso, è un farsi trasportare dal vento arcano delle emozioni, nel tentativo di capire e dire l’amore che lega il femminile e il maschile, l’umanità, la natura e il sidereo in particolare, in un turbinìo di sensazioni che, a sbalzi, declinano o danno gioia.

luciani.2006@libero.it

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