HomePoliticaSI TORNA A DISCUTERE DEL RIORDINO DELLE REGIONI

SI TORNA A DISCUTERE DEL RIORDINO DELLE REGIONI

SI TORNA A DISCUTERE DEL RIORDINO DELLE REGIONI

riordino

Ripensare l’abolizione delle Province apportata dalla Legge Delrio, aggregare i piccoli Comuni e rivedere i confini regionali tenendo conto delle piattaforme geo-economiche dei vari territori, secondo criteri geografici, demografici, culturali, infrastrutturali e sociali. Dopo il dibattito dei giorni scorsi sul tema del riordino delle Regioni e il ddl presentato alla Camera e al Senato dagli esponenti dem, Raffaele Ranucci e RobertoMorassut, sul tema interviene anche la Società Geografica Italiana Onlus, primo Istituto culturale e di ricerca in campo geografico in Italia.

“L’odierno ritaglio amministrativo del nostro Paese – spiega il Presidente Conti – di fatto si discosta in modo spesso drammatico dalla concreta geografia economico-politica italiana. Le Regioni di oggi sono dei gusci vuoti e l’attuale assetto territoriale non è più sostenibile. Abbiamo bisogno di contesti territoriali che tengano conto delle trasformazioni economiche (localizzazione e delocalizzazione industriale, deindustrializzazione, espansione urbana, sistema dei trasporti), della dimensione ambientale e di quella sociale.

“Con i nostri sedicimila enti – prosegue Conti – siamo l’amministrazione più costosa d’Europa. Se il processo di snellimento della Pubblica Amministrazione costituisce un processo già avviato negli ultimi anni, nei fatti non si sono prodotti gli auspicati benefici in termini di contenimento della spesa e di riduzione dell’indebitamento pubblico”.

Criticità della Legge Delrio

La Società Geografica Italiana crede che proprio questo sia il momento di sollecitare una discussione sull’assetto normativo che si va formando, poiché l’attuazione della riforma (Legge 56 e revisione costituzionale del Titolo V) prevede una serie di passaggi futuri dei quali è opportuno indicare limiti, rischi e possibilità di miglioramento. Secondo la SGI è necessario sollecitare le istituzioni sulla necessità di rivedere in parte la legge Delrio che individua 10 città Metropolitane e oltre 90 Aree Vaste ma non modifica alcunché i limiti amministrativi celando sotto altre spoglie le vecchie province.

In particolare due sono le criticità della Legge che andrebbero assolutamente riviste:

1-     Rivedere gli attuali limiti provinciali ormai vecchi sulla base dei quali la Legge 56 ha organizzato i nuovi limiti amministrativi.

2-     Ridurre il numero delle Città metropolitane. L’organismo Città Metropolitana, secondo la Società Geografica, è attualmente utilizzato in modo improprio: la logica amministrativa delle Città Metropolitane dovrebbe infatti essere applicata sistemi “funzionali”, come già fatto in tutta Europa. L’Italia rappresenta l’unico Paese dell’Unione Europea che utilizza la stessa struttura amministrativa nelle grandi metropoli e nelle città più piccole come ad esempio Reggio Calabria. Si rende necessario quindi applicare una struttura amministrativa adeguata alle effettive esigenze delle città.

Il ritaglio territoriale deve quindi manifestarsi efficiente rispetto a competenze che vanno dalla pianificazione territoriale alla promozione dello sviluppo economico, dalle infrastrutture, dalla mobilità e dalla viabilità ai sistemi di gestione di servizi pubblici di interesse generale.

La proposta di riordino territoriale della Società Geografica Italiana (vedi carta)
Secondo la Società Geografica Italiana, il Governo dovrebbe superare finalmente la pretesa che il territorio debba continuare ad adeguarsi a vincoli amministrativi che ne ostacolano le potenzialità e accentuano le diseconomie. Se si assume questa premessa, è allora necessario individuare la regola di un nuovo ritaglio amministrativo che dia alle Regioni la possibilità di porre in atto un disegno coerente ed efficace.

La proposta di “Neoregionalismo” della Società Geografica Italiana individua un’ipotesi di suddivisione del territorio italiano in 31 Regioni con lo scopo di proporre una ridefinizione dell’assetto amministrativo fondato sull’estensione di molte delimitazioni provinciali e nel contempo la scomposizione dei territori di molte delle attuali regioni. Questo darebbe vita a un sensibile risparmio di costi – sia in termini strutturali che di natura amministrativa – e soprattutto a una riduzione dell’attuale e indiscriminata dispersione delle funzioni (dalla scuola, alla sanità, ai servizi pubblici più disparati) con conseguente vantaggio per la popolazione e per gli stessi enti erogatori. Si tratta, in altre parole, di utilizzare il più estesamente possibile il medesimo ritaglio territoriale per l’esercizio del maggior numero possibile di funzioni consentendo alle nuove regioni di essere il più possibile autosufficienti. Ne deriverebbe, dunque, un risparmio di gestione e una semplificazione del quadro dell’erogazione di servizi. Si ridurrebbero, secondo la proposta, 110 enti fra regioni e province e una quota rilevante dei 16.000 enti, che fanno di quella italiana l’amministrazione più costosa d’Europa..

Una possibile ripartizione amministrativa per essere adeguata ed efficiente secondo la Società Geografica Italiana dovrebbe seguire i seguenti criteri e logiche da ponderare in maniera differente da Regione a Regione:

–          La mobilità del lavoro (definita per il nostro Paese dalle analisi Istat sui Sistemi Locali del Lavoro): la mobilità geografica tende infatti a fornire un’immagine non soltanto della configurazione economico-produttiva del territorio ma della sua differenziata fisionomia urbano-regionale.

–          L’identità territoriale: il senso di appartenenza territoriale può essere considerato uno specifico vettore di lealtà, di motivazione, volontà di investire, probabilità di governance condivise, rendimenti crescenti: in breve, innalzamento di quelle probabilità di produrre localmente lavoro e valore che non possono non esser obiettivo prioritario dell’azione di Governo.

–          La dimensione geomorfologica e la fisionomia degli eco-sistemi:  le amenities ambientali sono da tempo in altri sistemi produttivi un preciso fattore di competitività. Organizzare la geografia amministrativa anche in funzione della dimensione naturale – oltre a ridurre l’iperterritorializzazione degli interventi per il dissesto idrogeologico – farebbe bene all’industria.

“Le scelte politiche non possono prescindere dal supporto scientifico – spiega il Presidente Conti. Si tratta di una proposta che si caratterizza per l’indubbia coerenza metodologica  ma non è l’unica possibile. Quello che ci auspichiamo è che possa essere discussa in sede politica con istituzioni come la nostra che possono fornire un supporto concreto e competente.”.

Le deroghe della proposta, secondo la SGI, dovranno essere presentate alla popolazione ed essere oggetto di consultazione.

  1. del Tanaro
  2. La Grande Torino
  3. Valsesia / Piemonte settentrionale
  4. La Grande Milano
  5. Insubria
  6. Liguria
  7. del Garda
  8. Dolomitia
  9. Veneto
  10. Friuli / Iulia
  11. Emilia / La Grande Bologna
  12. Padania orientale / Romagna
  13. Tirrenia
  14. La grande Firenze
  15. Etruria
  16. Umbria
  17. Marche
  18. Roma Capitale
  19. Ciociaria
  20. Abruzzo
  21. Napoletano
  22. Campania
  23. Daunia
  24. Puglia
  25. Salento
  26. Basilicata
  27. Calabria
  28. Sicilia Ionica
  29. Sicilia occidentale
  30. Sardegna settentrionale
  31. Sardegna meridionale

(fonte. AGENPARL –Montecitorio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

redazione.lecceoggi@gmail.com

No Comments

Leave A Comment