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LE DONNE NELLA STORIA – MARGHERITA GRASSINI SARFATTI – critica d’arte

LE DONNE NELLA STORIA – MARGHERITA GRASSINI SARFATTI – critica d’arte

MARGHERITA GRASSINI SARFATTI – critica d’arte

Margherita Grassini Sarfatti nata a Venezia 8 aprile 1880 morta a Cavvasca (Como) 30 ottobre 1961 è stata una critica d’arte, nota per la sua importanza nel panorama culturale internazionale del suo tempo.

Margherita Sarfatti

Nello stesso periodo diviene direttrice editoriale di Gerarchia, la rivista di teoria politica fondata da Benito Mussolini. Nel 1922 fonda con il gallerista Lino Pesaro e gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi il cosiddetto Gruppo del Novecento, le cui opere vengono esposte per la prima volta nel 1923 alla galleria Pesaro di Milano. A causa della sua adesione al fascismo – sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al Manifesto degli intellettuali fascisti – alcuni artisti si allontanano, non condividendo il progetto di Sarfatti di contribuire alla nascita di una cosiddetta arte fascista

Tuttavia, nonostante le polemiche, nell’ambito della XCIII Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma organizza la successiva mostra dal titolo Dieci artisti del Novecento italiano (Roma, 1927), nella quale fa esporre i principali pittori romani, fra i quali Bartoli, Ceracchini, Guidi, Socrate, Trombadori, Luigi Trifoglio. Alla mostra non mancano di partecipare tutti i maggiori artisti italiani.

Divenuta vedova nel 1924, Sarfatti si dedica alla stesura di una biografia di Mussolini. Il testo – rivisto accuratamente dallo stesso Mussolini – è dapprima pubblicato nel 1925 in Inghilterra col titolo The Life of Benito Mussolini e l’anno successivo in Italia col titolo Dux. Per la notorietà del personaggio e per la familiarità dell’autrice con il dittatore, il libro ha un enorme successo di vendite (un milione e mezzo di copie vendute solo in Italia e 17 edizioni) e verrà tradotto in 18 lingue, compreso il turco ed il giapponese. Per quanto discreta (e non esclusiva), la relazione tra Sarfatti e Mussolini continua nel decennio successivo, fatta di incontri segreti a Palazzo Venezia, non mancando di suscitare in più di un’occasione le gelosie di Rachele Mussolini. Nel 1929 Margherita Sarfatti si trasferisce a Roma con i figli. Nel 1932 però, Mussolini fa un improvviso voltafaccia e la scrittrice viene allontanata dal Popolo d’Italia; cerca un nuovo giornale e approda alla Stampa di Torino.

Nel gennaio 1934 Sarfatti ottiene il passaporto e il permesso di espatriare. Lascia la direzione editoriale di Gerarchia e si reca negli Stati Uniti per un lungo viaggio. È accolta ufficialmente alla Cassa Bianca da Eleanor Roosevelt con gli onori riservati alla moglie di un capo di Stato. Alla NBC spiega il fascismo, ma i rapporti con Mussolini si deteriorano rapidamente in quegli anni, con la svolta intransigente della politica fascista. In una relazione in cui politica e passione furono sempre strettamente connessi, anche la separazione fu al tempo stesso politica e privata.

Sarfatti si oppone all’avventura coloniale e all’alleanza con Hitler; Claretta Petacci ne prende il posto di prima amante. Nel 1936 Mussolini le fa intendere che non sarebbe stata più ricevuta a Palazzo Venezia.

Con la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, Sarfatti si allontana dall’Italia.

Si trasferisce dapprima a Parigi, ove tiene conferenze sulla letteratura. Ha rapporti con Jean Cocteau, reincontra Alma Mahler, che di lei disse: “Quando la incontrai in Italia era una regina senza corona, ora è una mendicante reale in esilio.”

Quindi cerca (inutilmente) di andare negli Stati Uniti; alla fine si rifugia, per sei anni, in Uruguay ed Argentina, trascorrendo l’estate a Montevideo, dove l’attende il figlio Amedeo, e l’inverno a Buenos Aires e scrivendo per alcuni giornali delle due capitali, divise dall’immenso Rio de la Plata.

Qui stringe amicizia con il pittore Emilio Petttoruti, le scrittrici (sorelle) Victoria e Silvina Ocampo e il giornalista Natalio Botana In Sudamerica comincia a scrivere anche le sue memorie (tuttora inedite), una rivisitazione del suo Dux e dei suoi vent’anni trascorsi a fianco di Mussolini.

Inizialmente il titolo avrebbe dovuto essere Mea culpa, poi trasformato in My fault.

La sorella Nella Grassini Errera, rimasta in Italia, è deportata con il marito e muore ad Auschwitz.

Margherita Sarfatti rientra in Italia solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche.

Al ritorno pubblica il libro di memorie Acqua passata, nel 1955. Vive appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all’età di ottantun anni, nel 1961.

L’archivio di Margherita Sarfatti è conservato all’Archivio del ‘900 del Mart di Rovereto.

FINE

luciani.2006@libero.it

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