HomeLe donne nella storiaELENA CASATI FIGURA RIVOLUZIONARIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

ELENA CASATI FIGURA RIVOLUZIONARIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

ELENA CASATI FIGURA RIVOLUZIONARIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

Nel momento in cui, spinti dalla curiosità, abbiamo scritto di Antonietta De Pace, una nuova curiosità si manifestava. Come è possibile che nella storia risorgimentale studiata, salvo che della eroica Anita, moglie di Garibaldi, non c’era cenno di altre donne che abbiano partecipato alla creazione dell’Italia che noi oggi viviamo. Una ricerca ci ha messi nelle condizioni di conoscere di molte altre donne che hanno avuto anche ruoli importanti in quel periodo storico. Una di loro è Elena Casati.

Elena Casati nacque a Como (1834 – 1882) con la sua vita è il prototipo della doppia rivoluzione fatta dalle donne dell’epoca; si trattò di fare la rivoluzione politica risorgimentale in uno con il risorgimento femminile. Figlia di Luisa Riva, convinta mazziniana, in famiglia aveva ricevuto un’educazione ispirata agli ideali della stagione rivoluzionaria. Dal ’48 con il ritorno degli austriaci visse in esilio insieme alla madre vedova, passando dal Canton Ticino a Lione, a Zurigo e infine a Bruxelles. Grazie a questi continui spostamenti ebbe occasione di conoscere personalmente, ancora giovanissima, i massimi esponenti del partito d’azione, da Aurelio Saffi a Maurizio Quadrio allo stesso Mazzini, che nel giorno del suo ventesimo compleanno le scrisse una lettera che la spronava a spendere la vita, nonostante tutte le difficoltà, per grandi ideali: “L’onda del mare è salsa e amara; il labbro rifugge dal dissetarsene. Ma quando il vento soffia sovr’essa e la solleva in alto nell’atmosfera, essa ricade dolce e fecondatrice. E la vita è come l’onda del mare: si spoglia dell’amaro che la invade levandosi in alto”.

I tratti distintivi della vita di Elena Casati furono il desiderio di libertà, la fierezza caratteriale e la militanza politica. Tornata a Como, dopo la morte della madre, visse per un breve periodo in casa di parenti che, però, per lei erano troppo ossequenti al potere religioso e politico. Lei fortemente e convintamente orientata verso posizioni repubblicane e per l’indipendenza nazionale, ma anche ormai lontana dall’adesione iniziale al cattolicesimo, si oppose risolutamente alle pressioni dei Riva perché volesse almeno “salvare le apparenze” compiendo le pratiche previste dalla chiesa. Lasciò, quindi, la casa degli zii e andò a vivere in una camera, in affitto, insistente nel palazzo in cui era nata. La cosa dette luogo, ovvio, a critiche e pettegolezzi anche perché Elena, non temendo di contravvenire a tutte le regole del tempo, stava cercando di entrare in contatto con Achille Sacchi, conosciuto in casa sua a Zurigo, di cui si era innamorata. Elena, inoltre, era attivamente in contatto con Mazzini, di cui sostenne, sotto l’aspetto finanziario, i progetti. Nel ’56 si recò a Genova, dove si stava preparando la spedizione di Carlo Pisacane nell’Italia borbonica, ed entrò in contatto con la rete femminile cui lo stesso Mazzini faceva affidamento: soprattutto Carlotta Benettini, che lo ospitava, e Maria Alimonda Serafini; un anno dopo conobbe anche Jessie White, cui rimase legata da profonda amicizia per tutta la vita. Ritornata a Como, Elena, sempre in contatto con la rete mazziniana, ricevette e divulgò il cifrario in uso per la corrispondenza con il Maestro. Sposò, nel 1858, Achille Sacchi e solo l’interveto di Mazzini la convinse a sposarsi con il rito religioso.  Per contro decise di non battezzare i propri figli. L’amore e le idee politiche coincidenti resero quello di Elena e Achille un matrimonio felice. I due furono al centro dei preparativi per le azioni garibaldine seguite alla seconda guerra d’indipendenza; Elena, dopo, l’impresa dei Mille fu attiva nel tentativo di conciliare i progetti di Mazzini e di Garibaldi, il primo teso alla liberazione del Veneto, il secondo rivolto alla “conquista” di Roma. Elena lavorò così per la Società Emancipatrice che nacque dall’unione dei comitati di provvedimento sorti a partire dalla spedizione garibaldina. Nell’estate del ’61 nacque a Genova il Comitato femminile per il fondo sacro per Roma e Venezia, un’organizzazione femminile parallela a quella maschile con gli stessi obiettivi politici. Esattamente come voleva lo spirito della dottrina mazziniana: la separatezza di genere tra strutture associative era intesa in chiave funzionale, cioè non definitiva; come luogo di esercizio delle capacità femminili, mezzo di sostegno reciproco nell’azione pubblica, simbolo e quindi stimolo alla mobilitazione femminile. Deluse tutte le attese, quando con la terza guerra d’indipendenza il Veneto fu ceduto all’Italia, i Sacchi si trasferirono definitivamente a Mantova. Madre di cinque figli, Elena fu coinvolta nel nuovo progetto mazziniano dell’Alleanza Repubblicana.

Per lei si trattò di dare nuovi orientamenti alla propria iniziativa, e il suo ritorno sulla scena pubblica avvenne solo con la mobilitazione emancipazionista per l’abolizione della prostituzione di stato. Morì a Mantova per un’improvvisa polmonite e l’Associazione per la donna, in cui militavano le figlie Ada e Bice, le dedicò la scuola professionale femminile di Mantova.

Ottavia Luciani

redazione.lecceoggi@gmail.com

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